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Storia del caffe

Si tratta della bevanda più amata e diffusa nel nostro Paese, consumata da milioni di cittadini ogni giorno: ma qual è la storia del caffè italiano? Questo simbolo dello Stivale vanta una tradizione culturale che parte da lontano, in quanto la sua comparsa in Occidente risale alla seconda metà del XVII secolo, proveniente dai Paesi arabi, e giunto fino a noi grande alla diffusione degli scambi mercantili. Inizia a diffondersi in tutti i principali Paesi occientali, in Francia, in Inghilterra, in Germania, mentre la storia del caffè in Italia ha una data e un luogo preciso: Venezia 1570, quando il padovano Prospero Alpino portò alcuni sacchi dall’Oriente in quella che era uno dei principali poli commerciali del mondo antico, Venezia, vera e propria “porta” tra mondo orientale e occidentale.

La storia del caffè in Italia

Inizialmente addirittura il caffè veniva venduto nelle farmacie, forse a causa dei suoi effetti “eccitanti” che avevano reso la bevanda invisa alla legge islamica nei suoi luoghi d’origine. Ma il successo della bevanda fu tale che le origini del caffè, decisamente alto borghesi e per ceti sociali ed economici abbienti, proseguirono in una direzione ben più popolare, diffondendosi in tutti gli strati della popolazione grazie alle botteghe del caffè, che si diffusero enormemente in tutto il Settecento. Proprio in questo periodo storico l’origine del caffè assume un valore di convivialità, di occasione di incontro, che giungerà fino ai giorni nostri, e che porterà successivamente alla creazione di macchine per il caffè da replicare tra le mura domestiche, soprattutto riservate a quelle fasce di popolazione che non potevano permettersi di bere sempre un espresso nelle caffetterie. Quelle caffetterie che invero presero il largo nel XIX secolo, diventando luogo di incontro e vero e proprio centro intellettuale nelle grandi città italiane, al Nord come nel Meridione.

Storia caffè: le città in Italia più importanti

La storia del caffè italiano ha vissuto anche momenti di vera e propria “scomunica” religiosa quando era considerata una bevanda del diavolo per via dei suoi effetti sul sistema nervoso, e si dovette attendere l’elezione del papa Clemente VIII per una riabilitzione della Chiesa, il quale benedì il caffè rendendolo bevanda cristiana, dopo che lui stesso l’aveva definita inizialmente pagana e diabolica, in grado di danneggiare le anime dei fedeli. Una volta sdoganata anche dal mondo cattolico, la storia del caffè si è riverberata in tutte le città e i piccoli paesi dello Stivale, ma in alcuni luoghi ha assunto una centralità determinante per il suo sviluppo: a Napoli è stata messa a punto la produzione della bevanda, modificando l’originario metodo di importazione turca, che è alla base della moka, ossia la macchinetta casalinga per l’espresso. Ma il primo brevetto lo si deve al torinese Angelo Moriondo nel 1884, ma il suo prototipo non venne mai commercializzato, mentre nel 1901 fu Luigi Bezzera insieme alla ditta Pavoni a Milano a dare il via alla produzione di macchine espresso.

Nella storia del caffè in Italia non possiamo non considerare anche Trieste, sede di una vera e propria università sorta nel 1999 per divulgare la tradizione e certificare la qualità del caffè. Forse anche per la vicinanza a Vienna, prima città europea accertata in cui si è diffuso il caffè come bevanda, seppur mescolata a miele e spezie, Trieste è da considerarsi uno dei principali poli italiani a cui si deve lo sviluppo produttivo e culturale del caffè nel nostro Paese. Oggi il caffè è una bevanda simbolo dell’Italia, venduto in quasi 150.000 bar e caffetterie che si stima producano tutti i giorni 175 tazzine di caffè espresso in ciascun locale: l’ultima tappa di questa lunga storia del caffè potrebbe essere il riconoscimento Unesco di patrimonio immateriale dell’umanità, che l’Italia intende presentare nel 2022. Il suggello finale di una tradizione secolare.

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